I Carnevali alpini fra riti di fertilità e “trasgressione alimentare”
Il Carnevale, oltre alla sua valenza rituale, ha anche una connotazione culinaria che lo rende speciale!
Deriva, infatti, dal latino “carnemlevare” (eliminare la carne), poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.
Nell'area alpina il Carnevale si è sovrapposto quasi ovunque a rituali ben più antichi che celebravano la fertilità della terra, anche attraverso i suoi prodotti. Il cibo, infatti, è elemento essenziale della cultura umana e lo vediamo entrare in rituali religiosi con una funzione simbolica e aggregante potentissima. Nell’immaginario comune il Carnevale ha come caratteristica peculiare la possibilità di non sottostare alle regole, anzi di rovesciarle o stravolgerle. E’ il trionfo di una specie di liberazione temporanea dal regime esistente, abolizione di rapporti gerarchici, di privilegi regole e tabù. Questa sorta di “ribellione” si traduce anche in una “trasgressione alimentare”, o meglio “grande abbuffata”!
I dolci che incontriamo sui territori in occasione del Carnevale sono per lo più fritti. Quest’usanza deriva dal fatto che in gennaio/febbraio la natura e le pratiche agricole prevedevano la macellazione dei suini con la conseguente abbondanza di grasso di maiale o strutto. Dal giovedì al martedì – settimana non a caso detta “grassa” – si friggevano i dolci nello strutto che andava consumato in fretta perché durante la lunghissima Quaresima, non essendoci frigoriferi, sarebbe sicuramente irrancidito.
Tutte le ricette sono derivate principalmente dalla preparazione di due elementi semplici, ma nello stesso tempo pregni di simbologia: la farina e l'acqua con l'aggiunta di condimenti vari.
A Sueglio (LC) in Valvarrone, in occasione del Carnevale si possono degustare le “scarpasce”, frittella salata tipica del posto. Ha la forma piatta che ricorda la suola di una scarpa e che trova nella farina, nel pane, nel latte ma anche nel riso e nel formaggio, gli ingredienti base anche se, trattandosi di un piatto tramandato, probabilmente non c’è una ricetta originale.
Il Carnevale piemontese della comunità walser, in Val Formazza (VB), prevede la preparazione dei “gruschli”, ancora oggi simbolo dell’ospitalità della comunità walser. Sono delle frittelle appiattite di forma romboidale, simili alle chiacchiere, alle bugie o alle frappe – nomi regionali che stanno a indicare il medesimo dolce – accompagnate spesso da panna montata. Erano preparati dalle donne nei momenti di festa, durante la sera del Natale e durante il Carnevale. Gli ingredienti, rimasti invariati, sono: latte, burro, uova, zucchero con l'aggiunta della grappa.
Il Carnevale valdostano di Étroubles, come molti altri Carnevali, prevede una ricchissima questua, occasione per celebrare la fertilità della terra e trasgredire prima del forzato digiuno. La bènda (banda) effettua all'incirca quattordici tappe dove ogni volta trova al suo passaggio abitanti che offrono bevande e cibo nelle loro taverne o garage.
Alcune ricette del Carnevale si sono perse ma altre sono sopravvissute e continuano a dimostrarsi “cibi” dalla forte connotazione aggregante, palesando come l’alimentazione sia un “documento vivo” che coinvolge intensamente le comunità!